Le Monde Fabuleux de Danix

Colori, odori e suoni di un sognatore in 3G...

24 maggio 2006

Le notti di Maggio.

Sono le notti di Maggio come questa che ti riempiono il cuore. Ti ritrovi a scrivere nella tua stanza, con una canzone ricevuta in regalo, come sottofondo, e una luca soffusa. La finestra aperta fa entrare quel piacevole fresco, quasi estivo. E ti riaffiorano alla mente tutti qui bei momenti trascorsi nella precedente estate. Ti ricordi di quelle passeggiate sui lungarni e di quelle chiacchierate fino alle 2 di notte, seduti sulle spallette del fiume mentre assaporavi quel gelato della Bottega. Ripensi a quelle serate passate a ballare sotto la luna, a scherzare e ridere in compagnia, con quel bicchiere di Martini bianco che tanto ti piace. E poi ritrovi il ricordo di quella sera, quando su quello scoglio te ne stavi a guardare la luna riflessa su un mare immobile, innaturale, mentre quel volto ti osservava sorridente, mentre quel braccio ti scaldava l'animo. Quanti ricordi non si vorrebbero mai cancellare. E' come una staffetta. Un ricordo rincorre l'altro, si scambiano il testimone, e corrono avanti, senza guardare indietro. Nessuno si dimentica ciò che ha appena portato con fatica e con orgoglio, nessuno dimentica l'importanza di quel gesto. E' in queste notti di Maggio che si scrivono nuove pagine. E' in queste notti di Maggio che si cambiano le rotte, le coordinate del proprio viaggio.

19 maggio 2006

Istantanee del tempo.

Non si può non esser affascinati da quella fusione di colori. Quelle strisce di verde, di giallo, di rosso. Quelle ocre che sfumano nell'azzurro, quelle piccole grandi macchie che si allungano, per poi sparire veloci dietro il vetro. Non si può non esser innamorati di quel suono ripetitivo, metallico, duro. Quel rumore che ritmicamente cade e sobbalza. Non si può non esser incuriositi da quei volti che si cambiano di posizione, che si avvicendano davanti a noi. Quelle diverse etnie, quelle diverse professioni, quelle comuni appartenenze. Tutte le volte che prendo un treno lo faccio sempre con grande gioia. La distanza e il tempo non mi spaventano. E' un mezzo al quale sono affezionato. Mi ricorda l'infanzia, quando per passare il Natale ci spostavamo a Milano dai parenti. La mattina il freddo pungeva. Mia madre mi bardava con sciarpa, cappello di lana e guanti. Salivamo su quell'Intercity alla stazione di Orbetello. Il sole che sorgeva colorava di rosa la Laguna. Era bellissimo, perchè nel silenzio della città che dorme si riusciva ad apprezzare la natura che ancora per qualche ora regnava su tutto. I vetri erano appannati e dentro la cabina faceva caldo. Subito mia madre mi toglieva tutti quei fastidiosi ingombri. Sento ancora la strana sensazione della pelle fredda in un ambiente caldo. Adesso la ricordo quasi con piacere, ma forse non lo era affatto. Mi ricordo babbo che mi scaldava i piedi. Li strofinava con le mani e poi li avvolgeva. Il treno partiva e per me iniziava l'avverntura lontano da casa. Per me la vacanza era anche solo il viaggio in treno. L'aspettavo ogni anno con la stessa emozione. Passavo tutto il viaggio al lato finestrino. Non dormivo mai. Aprivo il tavolino e ci posavo tutti quegli indispensabili oggetti da viaggio che un bambino di sei, sette anni poteva portare con se. Il Topolino da sfogliare, qualche gioco e alcune penne colorate. Ma niente distraeva la mia attenzione dal mondo che fuori dal finestrino mi scorreva veloce. Scivolava senza sosta, forse anche troppo veloce per la mia percezione. Mi ingozzavo di immagini, luci, suoni e colori. Diapositive di un mondo così bello, curioso, interessante. Ricordo che mi portavo il rumore del correre del treno per giorni. Chiudevo gli occhi e lo sentivo risuonare in me. Chissà come mai si è così affascinati da questo mezzo di trasporto così comune. Ancora oggi, nonostante il Topolino sia stato sostituito dal mio Ipod, quando salgo su un treno non c'è distrazione che vinca. Ho lo sguardo di un bambino. Del bambino che osserva tutto come fosse la prima volta.

15 maggio 2006

Io. Funzione di me stesso.

Si avvicina inesorabile la data del mio primo anno da single. Ho macinato ore, giorni, settimane, mesi. Ho conosciuto un universo inesplorato. Ho ridato linfa al mio corpo, adrenalina alla mia vita. Adesso che tiro le somme di tutto questo tempo son sempre più convinto che sia un'esperiena di cui non possiamo privarci. Non c'è miglior modo per conoscere se stessi, per accrescere la propria autostima, per vedere il futuro con occhio diverso, più maturo, più razionale. Non nego la paura iniziale che mi spingeva a pensare all'inizio di un periodo buio, privo di emozioni e momenti importanti. Ed invece adesso, a distanza di quasi un anno, mi ricredo su tutti quei pensieri. Non c'è cosa più piacevole di esser padroni di noi stessi e di poter gestire la propria vita senza vincoli contrattuali di alcun tipo. So che questo stato di libertà apparente è solo un segmento della mia vita, una frazione di tempo determinato, ma non posso negarmelo, non posso privarmene in nessun modo. E' così che adesso vivo. Coltivo quelle amicizie a cui sono saldamente legato, faccio le mie scelte di cui sono pienamente convinto e responsabile. Quando sarà il momento, quando la naturalezza dello scorrere della vita mi farà posare l'attenzione sull'incognita X, allora, solo quel giorno, sarà il momento di pensare anche agli altri, e non solo a me stesso. Sembra un discorso veramente egoista, ma in realtà è solo un pensiero conclusivo di una persona che è riuscita a riscoprire un altro se stesso, il vero se stesso. Più interessante, più interessato. Pieno di idee, capace di metterle in atto, di concretizzare tanti sogni e tante speranze. Capace di sapersi rialzare da solo, di dare riprova di essere oramai cresciuto e di avere le capacità per camminare da solo. Sono tanti fattori che rendono la vita piacevolmente propria. Io. Funzione di me stesso.



08 maggio 2006

Risveglio.

Mattina. Otto e venti. La tv si accende come fa ogni singolo giorno. L'ora è venuta, la sveglia incombe. Apro gli occhi e mi accorgo che è lunedì, ed io il lunedì mattina non lavoro. Così allungo il braccio fuori dal letto e cerco disperatamente il telecomando sul comodino, così da prolungare il piacere del sonno. Primo cellulare, secondo cellulare, libro, sveglia Disney... ma niente telecomando. Così mi arrendo e mi giro dall'altra parte, mentre il silenzio è distratto da quelle voci. Mentre son lì, con gli occhi arrugginiti dal sonno che faticano ad aprirsi (forse non lo voglion proprio!) ed i sensi ovattati, sento un dialogo e subito la mia attenzione viene focalizzata. Nina chiede a George se lui le vuole bene. Lui risponde di si, e le dice che l'ama. Nina bacia George sulla guancia. George bacia Nina sulla fronte. Nina bacia George sulla bocca. George sembra sorpreso di quel bacio, ma allo stesso tempo affascinato. E' una scoperta nuova per lui, una sensazione mai provata. Nina e George si abbandonano alle tenerezze di due persone che si vogliono bene, ma quando entra in scena l'elemento sesso il telefono squilla. E' Bob, l'ex di George. George rientra in quella che è la sua dimensione naturale e si accorge di come sia stato stupido ad aver scambiato l'amicizia profonda nei confronti di Nina in amore e di come così facendo le abbia fatto del male. George l'avrebbe amata di sicuro, come forse Nina avrebbe desiderato, ma non sarebbe stato mai completamente se stesso. Può esserci amore senza sesso? Può esistere l'amore tra due persone se non c'è questo elemento? Nina e George infondo provano qualcosa di più di una semplice amicizia, eppure manca qualcosa! Possiamo in qualche modo ingannare noi stessi? Nina e George non ci sono riusciti.